Intervista a Stefano Kino Ferri, frontman della grande ska band bergamasca
Kino, dovremmo innanzitutto spiegare il significato di SKA per chi non mastica questo genere musicale. Non è il suono onomatopeico tipico della Trap (Skkkk…skkkk), ma…?
Lo Ska è un genere che nasce alla fine degli anni ‘50 in Giamaica. Le orchestre suonavano in levare i grandi successi R'n'B americani che sentivano nelle radio. Da lì si diffuse fino in Europa, in Uk in particolare, dove più forte era la presenza dei migranti giamaicani. Da noi arrivò negli anni ‘80 in maniera più massiva, ma la prima vera canzone Ska fu di Peppino di Capri nel 1967 quando, dopo un ritorno da un suo viaggio in Giamaica, scrisse Operazione Sole, brano che abbiamo coverizzato a nostra volta nel 2000.
Kino invece ha una doppia valenza: 1) chinotto (visto che tu lo adori) 2) cinema (visto che tu lo adori). Ma quanto adori invece i tuoi compagni di avventura, i mitici Arpioni? :-)
Diciamo che il piacere che provo a stare con i miei compagni è una delle soddisfazioni e piaceri più grandi della mia vita. Condividere il pane e i palchi con loro è una pratica appagante e piena di sorprese. Sono fortunato.
Mi raccontavi che sei entrato nella band dopo essere stato un loro grande fan. Un sogno che è diventato realtà. Lo avresti mai immaginato?
Beh, ero ragazzino e mi divertivo a fare un sacco di esperimenti musicali e di vita. Sulla strada ho incontrato un gruppo della mia città che, seppure fosse ai suoi inizi, già mi trasmetteva tanto. Conoscevo tutte le canzoni dei loro primi due demo. Quando il mitico Ugo, primo cantante, decise di abbandonare e fare altro, per puro caso e quasi per scherzo, mi chiesero se volevo provare a cantare con loro. Ed eccomi qua!
Gli Arpioni ormai "agganciano" il pubblico dal 1989. Qual è stato il momento in cui è scattato un vero interesse nazionale per la vostra musica?
Per quanto ci riguarda, a parte situazioni episodiche iniziali rispetto a nostre comparse su Radio Rai e altre radio locali, l'attenzione mainstream capitò prima con una capatina da Red Ronnie e poi con il nostro accompagnamento ad artisti in varie trasmissioni televisive. Ma devo dire che la nostra fanbase è impermeabile a tutto ciò e la nostra vera fortuna sono stati i tantissimi concerti fatti in tutta Italia e nei posti più reconditi. Tuttora ci capita di tornarci e di riconoscere i fan della prima ora che ci aspettano per un saluto.
Avete suonato ovunque in Italia, con una media di circa trenta date all'anno. Mi raccontavi che siete molto seguiti anche all'estero. Dove?
In Italia, come dicevo, non abbiamo lesinato chilometri e questo è servito molto. Ma a un certo punto, tra web e viaggiatori, siamo stati "attenzionati" dalle località più strane e lontane: nel Sud-Est asiatico, in Messico e Colombia, in California, a New York e in Europa (soprattutto in Spagna e Germania, oltre a Grecia e diverse situazioni in Francia). Tutto ciò lo so per un mix di motivi: dai vari e tanti concerti in Festival tenuti in alcuni di questi posti fino alle vendite dei dischi, sia on line sia con i vinili spediti davvero ovunque. Incredibile….
La vostra valigia discografica consta di ben sei dischi, per non parlare delle svariate compilation americane ed europee (Germania, Spagna, Francia) in cui un vostro pezzo è stato inserito in questi lavori collettivi. Dove vi piacerebbe far conoscere la vostra musica ancora?
Intanto vorrei tornare in un sacco di posti perché ritrovare e ringraziare i fan della prima ora sarebbe un sogno. E poi vorrei andare in Messico e Giappone, per iniziare, ma anche in Inghilterra, Russia, Usa e Sud America in generale… In ognuno di questi luoghi ci sarebbero tanti bei motivi per conoscere i fan che hanno acquistato a distanza i nostri dischi.
Il vostro primo disco Papalagi (1994) fa riferimento all'omonimo libro di Erich Sheurmann, che descriveva la vita europea attraverso gli occhi di un capo samoano. Si tratta di un testo che ribalta la nostra visione del mondo e la propone sotto un punto di vista altro. Il vostro disco aveva, quindi, un intento autocritico rivolto al sistema occidentale capitalistico. Come "partorite" i vostri testi?
Hai detto bene. E quel disco è, di fatto, la nostra pietra su cui abbiamo poggiato tutti gli altri. Le cose nascono naturali: ci si guarda attorno, si vivono le cose e basta essere descrittivi e non esimersi dal trattare pure gli argomenti più ostici, anche se noi usiamo molta ironia e allegria. Quel libro, nella sua semplicità, è una vera chicca di sensatezza. Consiglio sempre di leggerlo!
Siete nati con l'intento di divertirvi. Dopo tanti anni e questo grande successo, il senso dello stare assieme è ancora vivo e vi porta a girare ovunque. Tra le fila della vostra band sono passate tante persone. Mi raccontavi di una trentina di musicisti, una decina di fonici, una ventina di tour manager. Come simpaticamente hai lanciato tu l'idea, si potrebbe creare, solo con la loro presenza, una mega festa degli ex. Ahahahah! Ma chi sono gli Arpioni di oggi?
Sono sogni che, a volte, confesso di avere. Tempo fa, in occasione del trentennale, mi sarebbe piaciuto farlo. Ma non è per nulla facile mettere insieme tante persone, oltre al fatto che alcune non ci sono più.
Gli Arpioni oggi sono una band multigenerazionale (almeno tre!).
Con l'amico Franco Skarpellini, chitarrista, ormai sodali dalla prima ora, c'è un'intesa che ci permette di procedere a occhi chiusi. Con lui ho molte vedute in comune, seppur con approcci anche diversi. Quel che conta è che condividiamo valori e modalità. Sarà anche per via del nostro passato di percorsi di militanza politica e sociale che ci hanno visti protagonisti. Spesso ci siamo passati il testimone dell'attivismo e sempre abbiamo percorso assieme quelle strade.
Poi c'è Francesco Puccio Puccianti, bassista, il mio compare di origini e di ancestralità centritaliane. Lui è un vero istrione e amante delle tradizioni, ma con un'apertura di vedute che mi trova complice.
Poi il giovanissimo batterista Thomas Poletti, che ci ha portato nuova grinta e una miriade di battute sceme, che però ci fanno morire dal ridere nei nostri lunghi viaggi. Poi c'è Andrea Cipi Locatelli, tastierista, che ha un passato nello Ska con gli Askers ed è un po' il cervellone del gruppo. Infatti nella sua seconda vita parallela è un rinomato ricercatore di biologia del San Raffaele di Milano. A lui chiediamo sempre le cose più assurde: i nomi dei ragni, la vita dei pipistrelli, le formule, gli aggiornamenti dei vaccini e tant'altro… A volte risponde anche seriamente :-)))
Poi c'è Alessandro Marzetti alla tromba, il jazzista che erudisce la banda in scale e armonie. E' pure un bel guaglione e te ne accorgi perché sotto il palco, dalla sua parte, ci sono sempre tipe e tipi in visibilio :))). E comunque suona bene, eheh…
Poi abbiamo Andrea Ocera che, col suo sax semiossidato, dà quel tocco vintage alla sezione fiati. Lui è il meno chiacchierone di tutti, ma parla con gli occhi. In base a come li strizza, capisci che tutto sta andando bene o c'è qualcosa che non va. Il linguaggio del corpo è fondamentale quando sei in tanti.
Per ultimo Giovanni Sgorbati, che ha innestato nella banda quel suono che mi mancava: il trombone in pianta stabile che chiude il cerchio di quello che ci piace. Lui, seppur giovane, ha una bella esperienza di concerti e soprattutto nello Ska. L'attitudine conta!
Con ognuno di essi potrei finire gli ultimi anni della mia vita in qualche chiosco di birrette sul mare a scherzare sul senso della vita e a commentare gli istanti con ironico affetto.
Mi raccontavi che sei un raccoglitore seriale delle cose che riguardano il gruppo. Per esempio conservi ancora tutti i manifesti, anche i più vecchi, che annunciavano i vostri concerti. A quale sei più legato e perché?
Sì, a casa mia mi amano e mi odiano per questo. Mi servirà una stanza solo per tutto ciò che raccolgo. Sono legato in particolar modo ai primi manifesti, quelli che si facevano artigianalmente. Sono un amante dell'analogico e delle cose vecchie, forse perché mi ricordano il lungo percorso dal quale proveniamo e mi danno il senso di tutto. Adoro ciò.
Il vostro tour quest'anno vi deve ancora portare in Umbria, in Toscana, all'Aquila, Cesenatico, Milano… Ma a Bergamo quando vi potremo sentire?
A Bergamo in realtà abbiamo suonato diverse volte nella prima parte dell'estate. Siamo di casa in parecchie situazioni. Nella nostra città il nostro mondo di riferimento è l'altra Bergamo, quella che non finisce spesso sui giornali, quella che non è sicuramente coccolata dalle istituzioni, quella che però fa, e fa da sempre, cambia il corso delle cose e che spesso non ha i dovuti riconoscimenti. Ma sai che ti dico? Va bene così perché, secondo me, è quella parte sana che, se non ci fosse, sarebbe tutto così povero e triste. A Bergamo ci troverai sempre in parecchie situazioni, quelle belle… E il prossimo autunno ci sarà qualche sorpresa che adesso non spoilero ;)
E, parlando di Bergamo, non potevo non farti le "Bergamodomande"
Qual è il momento migliore per vivere Città Alta? Te lo chiedo sapendo che hai la fortuna di abitare proprio lassù :-) !
Per un cittaltese ogni momento è buono, anche quando c'è casino in Corsarola e non si riesce a fare un passo. Tanto conosciamo le vie parallele, le scorciatoie e raggiungiamo i nostri soci ovunque. E poi anche quelli che non erano apertissimi hanno imparato a essere accoglienti; quindi ci fa piacere interagire con i viandanti, anche quelli che non spendono le centinaia di euro nei locali vip. Perché Città Alta conserva ancora quel popolo che vive di cose semplici e dai valori di cuore. E, finché ci siamo noi, i fighetti non l'avranno vinta. E, finché esisteranno quelli come noi, continuerai a sentire canzoni popolari e da osteria uscire dai locali (pochi ma buoni) assieme a quella forza umana che li muove. E, se sventuratamente verranno a mancare queste cose, avranno perso un po' tutti qualcosa.
Un ricordo degli Arpioni su un concerto fatto nella bergamasca e che vi è rimasto proprio nel cuore.
Questa è una domanda a cui è impossibile rispondere equilibratamente. Sono troppi gli esempi! Da Mezzoldo a Brembate, da Trescore a Villa d'Almè, da Città Alta a Loreto e Redona, passando per le miriadi di associazioni e gruppi che ci hanno chiamato in questi tanti anni a suonare, supportandoli e supportandoci. Come potrei non ricordarne qualcuno? Ma ti cito i ragazzi e le ragazze di Libera la Festa di Osio di un mesetto fa. Un gruppo grosso e coeso, una forza della natura. Abbiamo suonato e verso la fine è saltata la corrente su uno dei nostri pezzi forti. La gente ha continuato a cantarlo per diversi minuti a ritmo, in coro, finché non è tornata la corrente e l'abbiamo ripreso e chiuso a dovere. Ecco. Son cose…
Parlate mai in bergamasco quando fate prove?
Anche se non siamo un gruppo dialettale, parliamo molto in bergamasco, in tutte le sue derivazioni. Anche i non bergamaschi ormai! Abbiamo un pezzo tra i nostri, My girl Lollypop, che ha fatto conoscere la lingua bergamasca in tutto il mondo. Due anni fa siamo stati a Pamplona a suonare in piazza, in centro, e la gente cantava in bergamasco questo pezzo. Certo che la mia dimestichezza con i diversi dialetti mi porta a cantare anche pezzi in altri idiomi. Ci piacciono le culture e le lingue. Anche queste son cose…
Grazie mille per avermi concesso questa intervista!
Grazie a te. E' stato un vero piacere.
Potete trovare gli Arpioni su:
https://www.arpioni.eu/
Facebook: https://www.facebook.com/arpioni/
Spotify: https://open.spotify.com/artist/3xrO149KO8KKnasP5D8NaT?si=cRWg6ddZTW6wtboFZrw39Q&nd=1
Itunes: https://music.apple.com/it/artist/arpioni/316613282
Instagram: https://www.instagram.com/arpioni_ska_band/
Mail: kino.arpioni@gmail.com
Youtube: https://www.youtube.com/c/ARPIONI
Telegram: https://t.me/arpioni
Intervista fatta da Arianna Trusgnach per Chèi de Bèrghem
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Bradly
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Noble
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