Un breve dialogo con il jazzista di Gazzaniga che ha portato le sue grandi improvvisazioni in Italia e all' estero
Guido, mi racconti che fin da piccolo hai vissuto immerso nella musica grazie a tuo padre, anche lui musicista. Sei partito in bomba (…rdieri ! Ahahah!) con la batteria ma, abitando in un appartamento, hai dovuto poi cambiare rotta per evitare le ire dei vicini di casa. Un ragazzo appena diplomato in clarinetto ti ha iniziato così al suo strumento. Che cosa ricordi di quel periodo? Com'è stato il passaggio da uno strumento a percussione a uno a fiato? Traumatico?
Diciamo che non rammento un periodo della mia vita in cui non suonassi. Mi ricordo, penso fosse in prima elementare, "il pezzo di legno con la gomma sopra" con il quale mi esercitavo per la tecnica di base della batteria. Poi, l'anno dopo, mio padre ha deciso di farmi prendere lezioni di clarinetto o, più precisamente, di clarinetto piccolo in mi bemolle, per un discorso proprio fisico. Dopo qualche anno sono passato al vero e proprio clarinetto in si bemolle. Avevo un insegnante abbastanza severo. Ricordo le discussioni tra i miei genitori perché mia madre voleva che io cambiassi insegnante mentre mio padre, conoscendolo bene, lo riteneva giusto per me, anche se un po' rigoroso in relazione alla mia giovane età. Però alla fine mi ha portato al diploma di clarinetto come privatista, nonostante il mio innamoramento per la musica jazz verso i 13/14 anni che mi ha fatto allontanare dagli studi classici e più canonici della letteratura clarinettista e il fatto che già parallelamente suonavo il sassofono nelle prime formazioni jazz.
Ti sei diplomato a soli diciannove anni al Conservatorio di Mantova. Cos' hai pensato quando hai soffiato l'ultima nota del tuo concerto di diploma?
Ho visto il diploma in clarinetto più come una liberazione perché ormai, a quell'età, io mi sentivo un jazzista, anche se amavo ancora suonare in formazioni di musica classica. Perciò, una volta diplomato, mi sono dedicato 100% al jazz entrando nell'orchestra giovanile a Siena, frequentando i corsi estivi e vincendo un paio di borse di studio in giro per l'Europa.
Non contento, hai conseguito anche il diploma di sax classico a ventisei anni. Un'accoppiata vincente, direi! Ok, ora di' la verità: quale dei due preferisci?
Il mio è un "matrimonio a tre". Amo suonare entrambi. Diciamo che, in base alle situazioni musicali, preferisco uno o l'altro, oppure dei colleghi mi chiamano per suonare solo i clarinetti o solo i sassofoni.
Se vogliamo essere proprio certosini, tu suoni clarinetto, clarinetto basso, sax contralto e sax soprano. Ti chiedo di definire con un aggettivo o un sostantivo la percezione musicale (a livello timbrico) che ogni tuo strumento ti regala.
Clarinetto: leggero e divertente
Clarinetto basso: caldo e riempitivo
Sax contralto: grintoso, ma allo stesso tempo morbido
Sax soprano: dolce e molto espressivo
La tua più grande soddisfazione da studente e la tua più grande conquista da professionista?
Beh, ho avuto, come tutti gli artisti, qualche delusione ma molte soddisfazioni. Forse la più grande è stata vincere una borsa di studio che mi ha fatto studiare e suonare a Graz, in Austria, con Dave Liebman, per una settimana. Sono tornato che avevo un labbro grande come quello di Luis Amstrong per le tante ore che avevo suonato.
La conquista da professionista… non saprei. Io non ho mai avuto molte ambizioni. Non ho mai puntato a crearmi un nome (purtroppo sbagliando, soprattutto nel nostro Paese, dove a volte conta di più l'apparenza che la sostanza). A me è sempre bastato potermi esprimere con i miei strumenti attraverso la musica che amo di più, migliorare come artista e non solo come esecutore.
Purtroppo oggi è sempre più difficile poter vivere solo con i "live" e negli ultimi anni il tempo dedicato allo strumento è diminuito ed è aumentato quello dell'insegnamento, cosa che comunque non disdegno.
Mi hai confessato che hai sempre sognato di fare il musicista, ma non sei un grande viaggiatore. Ami molto il calore della tua terra e della tua famiglia e ritieni che questa tua caratteristica abbia in un certo qual modo tarpato volutamente le ali alla tua ascesa al di fuori dei confini italiani. In realtà aver girato tutta Italia, oltre che esserti esibito in Francia, Germania, Svizzera, è un surplus ultra di notevole caratura. Hai qualche sogno nel cassetto musicale che non hai ancora esaudito?
Ho avuto sogni musicali fino ai trent' anni, più o meno. Ora, come ho già detto, vivo un po' alla giornata. So che, per la situazione di arretramento culturale che c'è nel mio Paese, non posso aspettarmi delle grandi possibilità di lavoro con progetti artistici di livello alto. Perciò mi accontento di fare qualcosa di interessante, ogni tanto intervallato da altre cose più tradizionali, che comunque mi danno sempre delle soddisfazioni.
A) Ami stare sul palco più che essere spettatore. B) Ti ritieni più un improvvisatore orientato verso una dimensione solistica. C) Sei un eterno pessimista. D) Non hai mai avuto grandi ambizioni e ami suonare perché ti fa stare bene. Questo è un po' Guido Bombardieri, classe 1971, nato a Gazzaniga e jazzista nel sangue.
La cosa più bella che hai fatto, mi dicevi, è un tuo progetto di commistione tra musica africana e Jazz in collaborazione con il senegalese (ma bergamasco d'adozione) Dudù Kouate. Cos'aveva di tanto speciale, che è rimasto plasmato nel tuo cuore?
IL RITMO!!!!!!!!! Tutto parte da lì…
Se vogliamo continuare a parlare delle tue collaborazioni, non possiamo esimerci dal citare i grandi nomi della scena jazzistica italiana. Ricordiamo, tra i tanti, Gianluigi Trovesi, Paolo Fresu, Francesco Bearzatti , ma la lista potrebbe continuare per mezza pagina! E poi non dimentichiamo i tuoi interessanti progetti in duo, in trio e l'idea di unire piano, fiati e un quartetto d'archi in una serie di pezzi brasiliani e argentini arrangiati dal pianista Oscar Del Barba . Idee per il tuo futuro?
Il progetto con pianoforte e quartetto d'archi era un mio desiderio in sospeso che avevo da parecchi anni. Grazie alla produzione della Società del Quartetto, sono riuscito a realizzarlo. Faremo un concerto il 4 marzo 2023 alla Camera del Lavoro di Milano per la rassegna "Atelier musicale". Poi, con Del Barba e il fisarmonicista Fausto Beccalossi, suoniamo in trio con un repertorio simile. Infine ho un Hammond trio con due giovani musicisti bergamaschi (che potrai intervistare in futuro).
Ora le "Bergamodomande".
Un pezzo che, secondo te, ricalca le caratteristiche del tuo essere bergamasco.
Nóter de Bèrghem, ma la vedo dura farlo in versione swing.
C'è un personaggio orobico a cui sei particolarmente legato?
Beh, sono molti, partendo da mio padre, musicista dilettante e grande amante della buona musica a 360 gradi. Poi tutti i musicisti, dai più famosi ai meno, che mi hanno "adottato" quando da molto giovane suonavo con loro e mi sopportavano, avendo io un carattere un po' esuberante. Infine anche organizzatori come Gianpaolo Rosa , della Società del Quartetto che, come ho già detto, mi ha dato fiducia nel nuovo progetto con gli archi.
Il luogo più strano della bergamasca in cui hai suonato?
Ho suonato un po' dappertutto nella provincia di Bergamo, dalla bassa ai vari luoghi molto belli della città, nelle valli, sui laghi e in montagna, fino ai 2000 metri. Ma il posto più strano è stata la caldaia del condomino del batterista in cui facevamo le prove quando avevo diciotto/diciannove anni.
Grazie, Guido, per avermi dedicato un po' del tuo tempo prezioso!
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Bandcamp: guidobombardieri.bandcamp.com
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Intervista fatta da Arianna Trusgnach per Chèi de Bèrghem
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