LUCINA BREMBATI E LO STRAGATTO
E' da poco passata lafesta della donna (precisiamo che le donne meritano di essere festeggiate ogni giorno, di ogni anno, di ogni secolo!!!) e se dovessimo raccontare delle donne di Bergamo, non basterebbero 100 edizioni di questa rubrica, essendosi "le nostre" distinte in ogni campo ed in ogni tempo: arte, canto, letteratura, lirica, politica, scienze ecc ecc
Ci sono poi donne che hanno avuto la fortuna di essere immortalate da grandi artisti, belle o brutte che fossero, e tra tante quella che più balza all'occhio è sicuramente Lucina Brembati, ritratta da Lorenzo Lotto a cavallo degli anni Venti del Cinquecento ed esposta nella sala 15 del secondo piano dell'Accademia Carrara.
Il dipinto ritrae una donna d'aspetto non particolarmente piacente, con sullo sfondo un notturno da cui emerge una luna crescente o calante, nel cui corpo sono inscritte le lettere CI: l'artista ci rivela così il nome dell'effigiata, LuCIna (il cognome Brembati lo si deduce dallo stemma riportato sull'anello al dito), facendoci sciogliere autonomamente il rebus visivo.
La donna accenna un sorriso, indossa una larga camora nera, un corpetto aderente i cui ricami dorati virano verso il ventre, a garanzia di future gravidanze, che permettano di non far estinguere il casato.
Sul capo calza una capigliara con fiocchetti intrecciati, un diadema di perle che incorona la fronte scriminata e una catenella da cui ciondola un cornino.
Ma a che cosa poteva servire il pendente?
Forse era già allora un espediente scaramantico, seppure in terra lombarda invece che lucana?
Assolutamente no, trattavasi di un semplice nettadenti (l'odierno stuzzicadenti), sguinzagliato allegramente a fine pasto per levarsi i resti di cibo in compagnia degli altri commensali.
E che dire dell'animaletto accovacciato sulla spalla e legato alla base del busto da una catenella dorata?
Quello era uno scoiattolo, in altri casi un furetto o un micetto imbalsamati, di cui solitamente si manteneva a vista solamente la coda oppure coda+musetto, inserito quest'ultimo entro un cappuccio dorato nel caso fosse la sua visione diretta non fosse particolarmente piacevole: la coda, così setosa, morbida e soprattutto calda, era il rifugio prediletto di pulci e parassiti, amanti del tepore e del buio, che vi si annidiavano, invece che andare a finire sotto le gonne o le camore (abiti) oppure dentro le maniche o i corpetti intimi, persino tra capelli e i cappelli delle povere donne o chissà dove!!!
Immaginiamo il fetore che rilasciava quell'aggeggio, per cui bastava scuoterlo energicamente per liberarlo dai fastidiosi occupanti ... et voilà, tornava libero e disponibile per una nuova ricarica di piccoli esseri ... e pensare che a noi oggi viene raccomandato solamente di lavare sovente le mani!
Articolo scritto da Tosca Rossi
TERRE DI BERGAMO DI TOSCA ROSSI
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3393770651
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Vittorina Proserpi
13/03/2021 - 23:45
Articolo bellissimo ed interessante. tosca sei sempre bravissima. complimenti. buona notte