Vava 77, Ol Freddie Mercury Bergamasch
"Canto" plus "parodia in dialetto": alla scoperta del geniale connubio dell'artista di Alzano Lombardo.
Daniele, quando è nata la tua passione per il canto e la musica in suis generis?
La mia passione per la musica nasce molto presto. Da bambino avevo capito che con la voce riuscivo a dare una forma alle emozioni e ogni momento era quello giusto per cantare. Amavo particolarmente chiudermi nella macchina di mio papà e mettere le cassette a tutto volume sullo stereo. Gli ascolti dell'epoca erano limitati ai gusti dei miei genitori, che non si allontanavano molto dal territorio Sanremese, quindi mi ritrovavo a cantare Mia Martini e Massimo Ranieri a pieni polmoni.
Con le scuole medie, invece, potevo godere di maggiore autonomia e spaziare fra i generi, scoprendo artisti come Joe Cocker, Michael Jackson, i Beatles, Elton John, Billy Joel…. per poi arrivare ai Queen, band che per me rappresenta una chiusura del cerchio in termini compositivi ed espressivi.
La tua peculiarità sta nel rivedere con occhi diversi brani famosi che hanno fatto la storia. Nei concerti proponi in chiave bergamasca pezzi di cantanti e gruppi che ascoltavi da adolescente. Quando è nata in te questa idea originale e come riesci ad avere comunque sempre rispetto per i brani che interpreti?
Credo che il rispetto nasca prima di tutto dal rispetto per ciò che si è. Io ho sempre avuto un'inclinazione nel buttare le cose sul ridere, nel fare scherzi, battute. Sin da piccolo sono sempre stato piuttosto fuori dal coro per alcuni aspetti e con l'arrivo della passione per la musica le cose piano piano si sono unite. Quando mi viene un'idea per rivisitare una canzone sono ben consapevole che questa verrà stravolta nel testo, parodizzata, ma ogni modifica non prescinde mai dal grande rispetto che ho per la musica. Ciò mi obbliga a lavorare in maniera spesso maniacale sui dettagli, sulle sfumature, sia a livello sonoro che a livello visivo.
Parliamo del tuo amore atavico per i Queen e, in particolare, per Freddie Mercury. A parte che vorrei capire come ci si sente a cantare con una dentiera, pota, ma lo sai che hai una fortuna incredibile ad avere quell'estensione vocalica pazzesca?
Freddie Mercury è come un quadro di Picasso, arte multilivello. Un artista che non è mai stato uguale a sé stesso, mai prevedibile, mai scontato. Una voce unica che, unita al talento degli altri tre musicisti, ha dato vita a una visione inimitabile della musica. Non è etichettabile, non è associabile a un unico genere. Rock? Opera? Pop? Soul? L'arte è anche coraggio di sperimentare. Freddie non aveva bisogno di sembrare un figo per essere figo. Questa è la sua vera forza.
Mi raccontavi che nel brano "Rinascerò, rinascerai" di Roby Facchinetti e Stefano D'Orazio hai contribuito con la tua voce alla parte finale. Ci vuoi parlare della "dodecavox" che hai creato?
Quando Roby mi chiamò per chiedere il mio aiuto, eravamo in pieno lock-down della prima ora. Tutti blindati in casa, impauriti e increduli a chiederci cosa stesse succedendo nel mondo.
Non c'era la possibilità di andare in studio per fare un lavoro in maniera ‘normale' e Roby stava facendo il possibile per gestire questo progetto a distanza. Un giorno, prima della metà di Marzo, mi chiamò e mi chiese se potessi aiutarlo in qualche modo da casa. Avendo l'attrezzatura necessaria, ebbi l'idea di provare a registrare una ‘cascata' di voci cercando di emulare timbri diversi, attingendo alla mia vena pazzerella. Il risultato mi entusiasmò: avevo ottenuto la pasta vocale utile a sostenere e spingere la voce di Roby nei punti più potenti del brano. Un grande onore per me aver potuto sostenere un progetto così importante per la nostra città in un momento così drammatico.
In "Che mal de có" hai riunito tutti i tuoi amici bergamaschi per dar vita alla cover di uno dei più bei pezzi della storia della musica. Il risultato è uno splendido remake con timbri particolari e variazioni del tema molto originali. Quale ricordo porti dentro di te di questa esperienza?
Sempre in un'ottica di ribaltamento della realtà e di accostamenti improbabili, in questo progetto ho voluto rendere locale la rappresentazione musicale d'insieme più maestosa nella storia della musica leggera. Mi è piaciuto creare un contrasto con il testo che attinge a un registro di strada, ma sempre con il rispetto per la grandezza musicale. Volevo in qualche modo dimostrare che anche a Bergamo, in una piccola parte del mondo, si poteva realizzare un progetto analogo che reggesse il confronto dal punto di vista artistico. Il fatto che il testo fosse a tratti delirante aumentava, a mio modo di vedere, il valore della partecipazione di questi artisti. Questo progetto è finora il più emozionante che ho intrapreso. Ogni momento creativo e umano che abbiamo condiviso è un regalo che tengo stretto nei miei ricordi.
Durante il Lockdown sei stato particolarmente prolifico e ne è uscito anche un simpaticissimo pezzo in cui troviamo una sorta di "potesco" grido velato: "La finirà ü bèl dé". Come vedi Ol Vava una volta che il virus avrà finalmente lasciato il "pianeta Terra" o, per lo meno, la terra orobica?
Ho osservato e vissuto il virus sulla mia pelle come molti hanno fatto. Questa è la nostra guerra e chi ha la fortuna di sopravvivere non può che uscirne più forte.
Continuare a ‘dire la mia', a essere me stesso durante la pandemia, è stata una necessità per non rinunciare a una normalità, anche se forzata ma, ripeto, necessaria.
Dunque ho continuato ad ascoltarmi e a ‘far finta di niente' un po' per me e un po' per gli altri.
Quali progetti super star hai in mente in questo periodo?
Un progetto benefico in fase di sviluppo e qualche idea su possibili novità… ma come sempre navigo a vista e progetto a breve termine, seguendo più il sangue che la testa.
Il tuo più grande sogno?
Più che un sogno è una domanda che ogni tanto mi pongo: chissà se il mio modo di vedere, o meglio di rivedere il mondo, possa allietare anche le generazioni a venire? Ogni produzione, ogni creazione è come un figlio che lasci al mondo…qualcosa che esiste oltre te.
Mi ha sempre incuriosito la esse aspirata della tua variante dialettale, che ricorda molto la gorgia toscana. Si dice che probabilmente la c aspirata intervocalica sia un retaggio dell'antica lingua etrusca. Non è che i bergama-SCHI siano parenti degli Etru-SCHI? :)))) Per lo meno c'è lo -SCHI in comune! Cosa ne pensi?
Non sono un conoscitore delle sfumature linguistiche. La S che diventa H aspirata è frutto degli ascolti a cui sono stato esposto sin da piccolo. Non sempre in realtà i miei nonni, ad esempio, parlavano con la S aspirata, a volte sì, altre no. Devo aggiungere che nei miei doppiaggi spesso calco la mano con questo particolare perché dipende dal personaggio a cui sto prestando la voce. Vado molto a sentimento…Alcuni visi o espressioni si prestano più di altri.
Se dovessi pensare a un artista/gruppo musicale bergamasco che dovrebbe essere ascoltato assolutamente oltre i confini orobici, a chi penseresti?
Penserei a Luciano Ravasio e al Bepi, cantautori di riferimento nel nostro territorio, che da anni raccontano i bergamaschi in tutte le loro sfumature.
Cosa ami delle "bergafemmine"?
Le Bergafemmine hanno le palle quadrate, come diciamo noi Bergamaschi. Sono il nostro faro.
Qual è il piatto tipico bergamasco che faresti assaggiare alla regina d'Inghilterra? Pensa bene alla risposta perché con il tuo magic English dovresti convincerla a fare pure il bis!
Alla regina assolutamente un bel piatto di Casonsèi o di Scarpinòcc…a lei la decisione.
Con un bel bicchiere di rosso ovviamente!
Grazie mille per la tua gentilezza e disponibilità, Daniele!
Intervista di Arianna Trusgnach per il Chèi de Bèrghem
Per eventuali contatti artistici, potete scrivere a: ilvava77@gmail.com
Il Vava77 lo trovate qui:
Facebook: Vava77
Instagram: Vava77 @vava77_olvava
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